Games and the City

Vita a Los Angeles, videogiochi e tante altre cose che non c'entrano niente

28 aprile 2008

Jazz e sushi

La foto è quella che è, ma non ho potuto fare di meglio. Mentre cercavo di convincere la mia macchina fotografica a collaborare nonostante il buio, un tipo grosso mi si è avvicinato con un sorriso minaccioso e mi ha detto "No photos". Proprio così, senza l'immancabile sorry. Comunque non importa, perchè siamo finalmente riusciti ad andare da Yoshi's, il jazz club/ristorante giapponese più famoso della Bay Area! Yoshi's è un'istituzione da oltre trent'anni, è il posto dove si esibiscono i migliori musicisti jazz del mondo e dove Sterling ordinava sushi in giapponese già alla tenera età di tre anni. La sede di Oakland è quella originale, ma da qualche mese ne hanno aperta una anche a San Francisco, proprio a due passi da casa, nel quartiere Fillmore che è tradizionalmente afro-americano. Ogni volta che ci passavamo ci ripromettevamo di andarci e ieri finalmente ce l'abbiamo fatta. Abbiamo visto il concerto del bassista Marcus Miller e della sua band di cinque elementi, più una cantante e un DJ (!!!). Insomma, tanta gente sul palco e tanta energia: il musicista che suonava l'armonica si è esibito in un assolo così lungo che ho temuto seriamente che andasse in iperventilazione. Ancora gasati per tutta la musica che avevamo ascoltato, siamo corsi verso la confinante Japantown dove abbiamo incontrato nientemeno che Mr. Wayward e signora. Non mi era ancora capitato di incontrare un blogger di persona: con alcuni di voi passo piacevolissime ore al telefono, ma è ben diverso vedersi per sushi e cinema, proprio come faresti con degli amici. Da un punto di vista pratico, essere compagni di blog elimina tutta quella fastidiosa fase del "Piacere, mi chiamo XYZ. Dove abiti? Che lavoro fai? Cosa ti piace fare? Di dove sei in Italia?". Ecco, benedetti siano i blog e il taglio dei convenevoli, che io mi sono un pò rotta le scatole di sentirmi dire a raffica "Omygoooooood, sei italiana! Io sono stata in Italia una volta con mia zia Geraldine e il criceto, abbiamo mangiato bruscetta e bevuto vino, come vi invidio voi italiani, vivete in un paese bellissimo e siete sempre così sorridenti!". Ecco, a una persona così come glielo dici che c'è Berlusconi al governo?

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27 aprile 2008

Paesaggio nuziale


Sarà pure il panorama di San Francisco più famoso e più fotografato dai turisti, ma per noi Alamo Square rimane "il parchetto dietro casa", quello dove andiamo a prendere il sole nei (rari) giorni di caldo e a prendere il vento in tutti gli altri. Mi piace perchè rappresenta l'essenza di San Francisco, con le case vittoriane in primo piano e downtown sullo sfondo, i cani che corrono felici e i loro padroni un pò hippie con gli infradito anche a gennaio e accostamenti di colori a dir poco azzardati. E' anche un importante pezzo di storia della città, visto che le case vittoriane risalgono tutte al XIX secolo: ce l'hanno fatta a superare indenni il terremoto del 1906 proprio perchè costruite su una collina rocciosa che ha attutito il movimento sismico. Ho fotografato Alamo Square con la nebbia, con la pioggia, al tramonto e col sole splendente, ma una sposa non mi era ancora capitato di vederla. Dove andranno a fare foto gli sposi di San Francisco?

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24 aprile 2008

Ma si può?


Si sa che questo blog è sostanzialmente dedicato al cazzeggio internazionale, perciò quelle poche volte in cui scrivo qualcosa di serio finisco sempre per scusarmene in anticipo. Questa, però, non riesco a tenermela. Quello che si vede nella foto è il Metreon, il grande complesso Sony che racchiude tra l'altro un cinema multiplex, un negozio PlayStation e uno spazio espositivo. E' centralissimo, trovandosi all'incrocio tra Mission e 4th St, a due passi da Union Square e proprio nel centro di downtown. Proprio qui, due giorni fa, la mia amica Emi è stata colpita in piena faccia da un senzatetto senza alcuna ragione. I particolari non li conosco bene, dal momento che a lei giustamente non va di parlarne, ma sospetto che lei camminasse semplicemente per strada senza dare fastidio a nessuno. Conosco molto bene Emi, è una delle mie migliori amiche qui in città, è una buddhista praticante che preferisce incolpare se stessa piuttosto che accusare qualcuno di qualcosa: non ce la vedo proprio ad attaccare briga con uno sconosciuto. Quello che mi chiedo è come si faccia a colpire in faccia una ragazza minuta che cammina facendosi i fatti suoi. Non mi sembra questo il luogo per dissertare del problema dei senzatetto negli Stati Uniti, nè a dire la verità ho alcun tipo di fervente opinione in proposito. Il mio rapporto con questi particolari abitanti della città è sempre stato piuttosto distaccato, io mi faccio i fatti miei e loro si fanno i loro. Quando provo a offrire loro del cibo, spesso mi rispondono che hanno già mangiato e che preferirebbero piuttosto che gli dessi dei soldi. Quello che mi è stato spiegato è che ne abbiamo così tanti grazie ai cosiddetti "programmi umanitari" di diverse altre città americane, che offrono ai "loro" senzatetto un biglietto d'autobus di sola andata per la mite, liberale, umanitaria San Francisco. La situazione in città non è particolarmente gestibile, ma finora non avevo mai sentito di episodi del genere. Emi è ancora sotto shock e la sua prima reazione sarebbe di tornare in Giappone. Io come amica ho rispettato il suo silenzio, l'ho ascoltata quando le andava di parlarne e domani le preparerò i biscotti danesi che le piacciono tanto. Però confesso di essere perplessa e di dover fare un grande sforzo per resistere all'impulso di portarmi dietro quella guardia del corpo di Sterling dovunque vada.

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22 aprile 2008

Ciliegi in fiore e sakè



Visto che Japantown è il mio posto preferito in città e che non riesco a starne lontana, ci siamo tornati per il Cherry Blossom Festival, quello che in Giappone si chiama Hanami. L'idea originale sarebbe quella di riunirsi per un pic-nic sotto gli alberi di ciliegio in fiore e godersi la pioggia di petali rosa, ma la cosa si è trasformata a San Francisco in un festival che consiste principalmente nell'abbuffarsi di cibo giapponese ai vari stand, con il sottofondo musicale di una jazz band che suona dal vivo. Qualche lato positivo comunque c'è ancora, primo tra tutti la distribuzione di sakè gratis che non è assolutamente da sottovalutare. Quest'anno eravamo in giro con la mia amica Claudia, salernitana anche lei ma trasferita temporaneamente a San Diego, da cui è venuta a Berkeley per tenere una conferenza all'università. Per chi avesse seguito tutte le puntate precedenti, Claudia è la sorella di Carla, la mia amica che era venuta a trovarmi a dicembre in compagnia di tre musoni che non avevano particolarmente apprezzato nè la città nè il suo cibo (di qualsiasi genere). Carla, però, era stata una grande compagnia da portare in giro e così è stato anche per sua sorella: si vede che il buon sangue è di famiglia. E' stato un bel weekend di sole, anche se freddo, e sono proprio contenta che San Francisco le sia piaciuta così tanto.

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21 aprile 2008

Matrimonio allo zoo


Sabato ho partecipato al mio primo matrimonio americano. Gli sposi sono due nostri colleghi: lui, Patrick, lavora nello stesso ufficio di Sterling, lei, Karen, lavora come grafica per il sito di 1UP. Nel più tipico stile americano, la famiglia di lui è irlandese e quella di lei taiwanese, ma non è questa la cosa sconcertante: quello che veramente mi ha lasciata allibita è che hanno deciso di sposarsi al San Francisco Zoo, proprio quello dove durante le vacanze di natale un ragazzo è stato mangiato da una tigre. Di animali, in realtà, non ne abbiamo visti affatto, perchè il ricevimento si è tenuto in una sala proprio all'entrata dello zoo e io ho evitato accuratamente di andarmene in giro, cosa che mi avrebbe messo una tristezza infinita. Non amo gli zoo in generale, ma oltre a questo faceva anche un freddo inaudito: ma dico, non lo sapevano che quello è uno dei punti più freddi e ventosi della città? La cerimonia all'aperto è durata otto minuti netti perchè il pubblico rischiava l'assideramento e le damigelle cinesi stavano per perdere il vestito. All'interno la situazione era un pò migliore, soprattutto vicino al camino, ma anche lì il fatto che nessuna delle invitate -tranne me- portasse le calze sembrava assolutamente ingiustificato. Per fortuna la cena è durata un attimo, perchè qui negli Stati Uniti quando rispondi all'invito scegli anche cosa vuoi mangiare (carne, pesce o vegetariano), cosa che mi sembra piuttosto intelligente e che ha lasciato più spazio al ballo, a Rock Band, alla giostra con i cavalli e alle partite a Mangia Ippo. Il tutto è stato ovviamente organizzato da Karen, una delle persone più creative che conosco oltre che la sposa più cool che abbia mai visto: scarpe verdi e bouquet fatto con un enorme lecca-lecca rosso e bianco!

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16 aprile 2008

Forza terremoti!


Oggi volevo felicemente segnalare il fatto che il calcio americano secondo me qualche speranza ce l'ha. Non che sia paragonabile alla Premier League o alla Serie A, ma la partita che siamo andati a vedere sabato mi ha piacevolmente sorpresa. La nostra squadra locale, i San Jose Earthquakes, giocava contro i ben più forti Chicago Fire al Coliseum Stadium di Oakland e noi ovviamente non potevamo perderci questo scontro tra titani. Seduta al sole pensavo: hmmm, terremoti contro incendi... qui qualcuno ci tiene a sembrare pericoloso. Mi aspetto di veder apparire presto gli tsunami, gli invasori alieni e, perchè no, anche gli anticicloni delle Azzorre. Gli Earthquakes hanno perso 1-0, ma rispetto all'ultima partita che abbiamo visto qualche mese fa è successo un miracolo: hanno imparato a fare passaggi decenti! Così decenti, in verità, che arrivati in area goal non facevano che rimbalzarsi questa palla infinite volte, senza nemmeno preoccuparsi di segnare. E' stato bello arrostirsi al sole per un paio d'ore facendosi una discreta abbronzatura. Meno bello, invece, il fatto che TUTTI i messicani presenti allo stadio facessero il tifo per i Chicago Fire solo perchè hanno comprato uno dei giocatori messicani più famosi in patria, tale Blanco. Ma in fondo chissenefrega, abbiamo perso allegramente e poi ce ne siamo andati al parcheggio dello stadio a festeggiare con tanto di grigliata e birra. Questi americani sono organizzatissimi quando si tratta di mangiare, in dieci secondi netti hanno scaricato dalle macchine un barbecue portatile, contenitori termici per le bevande e diverse sedie pieghevoli. Una cosa, però, ancora mi lascia perplessa: quando il pubblico grida "Earth-quakes! Earth-quakes!" a me pare piuttosto che dica "Corn-flakes! Corn-flakes!".

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14 aprile 2008

Nani e paparazzi


Volevo parlare del mio weekend di sole e di festival giapponese, ma ripensandoci lo farò un'altra volta. Oggi proprio non mi va. Sto cercando di trattenermi dal leggere tutto quello che la stampa straniera ha scritto sul nano malefico e sulla generale stupidità degli italiani che l'hanno rieletto, ma non è che ci riesca tanto bene. Stamattina ho detto ai miei genitori e a mia sorella che, qualora decidessero di lasciare l'Italia, sarei ben felice di sponsorizzarli per la Green Card. Non che gli Stati Uniti siano il paradiso, ma una differenza è facile notarla: qui c'è la speranza che le cose cambino in modo positivo nei prossimi mesi, lì c'è la consapevolezza che un senso di morte aleggerà sul paese per i prossimi cinque anni. Già che ci sono, perchè non eleggono Papa Razzi come ministro della sanità, così risolve la questione aborto una volta per tutte?

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10 aprile 2008

Sportivi, cinesi e tibetani


Visto che mi è stato chiesto da Filippo, faccio il punto sulla situazione "torcia olimpica a San Francisco" da un'ottica locale. Premetto che al passaggio della torcia ieri non c'ero, perchè avevo un appuntamento di lavoro. Alla veglia per i diritti del Tibet, che si è tenuta la sera prima, invece c'ero con tanto di marito e suocero, ma la mia macchina fotografica non è molto collaborativa quando si tratta di scattare foto notturne, perciò posto una immagine presa nientemeno che dal New York Times (speriamo che non me ne vogliano). Vivendo in quella che è comunemente definita la città più liberale degli Stati Uniti, mi aspettavo una dose molto più massiccia di proteste. Dimenticavo, però, che in fin dei conti questa è anche la città della Chinatown più antica degli Stati Uniti e che la popolazione asiatica rappresenta circa un terzo di quella totale. Facendo due più due, prevedevo il tipo di risse che si sono viste a Parigi e a Londra. E invece niente, la situazione si è mantenuta sul passive-aggressive: le manifestazioni di protesta ci sono state, dall'occupazione del Golden Gate alla veglia con l'arcivescovo Tutu e Richard Gere. C'erano anche i dimostranti al passaggio della torcia olimpica, ma si sono dovuti arrendere di fronte a un fatto globalmente incontestabile: i cinesi erano di più. I cartelloni di solidarietà verso il Tibet sono stati "mangiati" dalle orde di cinesi che sventolavano le loro bandiere e il sindaco playboy, Gavin Newsom, ha finito per dirottare il corteo su una rotta alternativa perchè le telecamere non trasmettessero in mondovisione quella che poteva a tutti gli effetti essere scambiata per una manifestazione di solidarietà nei confronti della Cina. O almeno così dice lui... Non so, mi fa tutto un pò strano, qui in città ci aspettavamo eventi epocali e invece la cosa si è svolta in relativa sordina. A pensarci bene, non so nemmeno quanto se ne sia parlato nel resto degli Stati Uniti...

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09 aprile 2008

Per non smentirsi...


La campagna pubblicitaria per il lancio del film Forgetting Sarah Marshall è sicuramente studiata bene: autobus, pensiline e cartelloni sui tetti dei palazzi parlano male di questa fantomatica Sarah Marshall, tanto che sta già un pò antipatica a tutti. Solo a San Francisco, però, qualcuno poteva "vandalizzare" uno dei cartelloni trasformandolo in una frase che sembra uscita dal migliore karaoke bar di Castro...

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08 aprile 2008

Compleanno coi glitter


Caro marito,
hai fatto in modo che la giornata del mio compleanno fosse speciale prendendoti un giorno libero dal lavoro e portandomi in giro nei miei posti preferiti di San Francisco e dintorni,
mi hai cucinato una cena stupenda a base di agnello marinato in succo di melograno, mini-zucca al forno con noce moscata e cous-cous con datteri, menta e pinoli tostati,
mi hai comprato una fantastica torta mousse al cioccolato con tanto di candeline, gelato artigianale al caramello salato e champagne,
mi hai fatto tanti regali, sia quelli portati dal Giappone e tenuti nascosti per due settimane, sia quelli più banalmente comprati da Victoria's Secret ma non per questo meno apprezzati.
A quanto pare, conosci i miei gusti alla perfezione e sai come rendermi felice. Una cosa, però, continuo a chiedermi: se mi conosci così bene, come ti è venuto in mente di regalarmi un'orgia di glitter sotto forma di Hello Kitty per il mio DS?



Il solo guardarlo mi brucia la retina di entrambi gli occhi, figuriamoci poi portarsi in giro un coso del genere. Ecco, io te lo devo proprio dire: non ci penso proprio ad essere la fiera proprietaria di un DS conciato così, nonostante venga dal Giappone e nonostante mia sorella darebbe un rene per averlo. Ma non a caso mia sorella fa la cubista e non rifugge dal leopardato: ti sembra che io le somigli in questo? Io, che fino a due giorni fa ero tutta contenta di aver ricevuto un sacco di verdure? Ieri ho imparato una lezione che non mi sarei mai sognata di dover ammettere: che anche a Hello Kitty c'è un limite.

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03 aprile 2008

Un sacco di verdure


E' proprio un sacco, ed è anche enorme. Ed è tutto mio! La cosa bella della California (o almeno della California del Nord, perchè da quella del Sud mi tengo strettamente alla larga) è il fatto che sai da dove vengono le cose che mangi. Mariquita Farm, una fattoria biologica della zona, distribuisce le sue verdure in città a giovedì alterni, parcheggiando il furgone ogni volta davanti a un ristorante diverso. Scrivendo una e-mail alla "signora fattoressa" Julia si può prenotare questo sacco-sorpresa al prezzo di 25 dollari. Il sacco è così pesante che perfino Sterling, belluomo di un metro e novantacinque, ha fatto fatica a trasportarlo. Ora mi ritrovo con una quintalata di verdure da cucinare nei prossimi giorni, il che non mi dispiace particolarmente. Ci sono perfino gli agretti (vecchio ricordo delle cene romane) e roba mai sentita prima come l'acetosa e le carote viola, quelle che nella foto sembrano nere. Qualche idea su come usare il butternut squash che brandisco fieramente tra le mani, a parte la solita vellutata?

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02 aprile 2008

Io e il consolato: dramma in atto unico


La foto ritrae l'incredibile fioritura che ha colpito San Francisco nell'ultimo mese (un'italiana fiorisce nel bel mezzo del Golden Gate Park, miracolo della natura!), ma l'argomento di oggi non è questo. Concentriamoci sul dramma che prima o poi colpisce tutti gli italiani residenti sulla West Coast: il consolato italiano di San Francisco. Per ragioni troppo lunghe da spiegare, devo mandare al mio avvocato in Italia una procura in cui autorizzo mia sorella a ritirare una certa somma in mia vece. La procura in questione, però, deve riportare la mia firma autenticata e solo il consolato può farlo. E' solo una firma, mi dico, ci vado un attimo e poi passo anche in biblioteca. Arrivo verso le dieci e vengo accolta da una guardia di sicurezza americana, grande e incazzosa come un mastino, che mi chiede cosa voglio. Glielo spiego e lui per tutta risposta mi chiede se ho prenotato un appuntamento. Ehm, no, sul sito del consolato non c'era scritto niente al riguardo. Mi astengo dal fargli notare che, se anche avessi voluto prenotare, nessuno avrebbe risposto al telefono, le caselle vocali sarebbero state come sempre piene e anche mie eventuali e-mail sarebbero state ignorate. Mi astengo dal fargli notare, quindi, che il consolato italiano non sa cosa siano i più comuni mezzi di comunicazione. Mi astengo solo perchè glielo avranno fatto già notare a centinaia. La guardia mi dice che non sa se qualcuno potrà ricevermi oggi e che per scoprirlo dovrò restare in attesa alcune ore. Sospiro, tanto in fondo lo sapevo. Mi attacco al mio DS nella sala d'attesa gelida e nel frattempo mi godo la scena della solita guardia in questione che imbruttisce a un tizio in fila dicendogli che il consolato italiano non è aperto al sarcasmo, altrimenti può accomodarsi fuori. Su una cosa almeno sono affidabili: quando dicono alcune ore intendono proprio ore, non è un'esagerazione. Un bel record, considerato che ci sono solo quattro persone in fila, ma tra gli impiegati che chiacchierano coi colleghi e quelli che vanno fuori a prendere il caffè non c'è proprio il tempo di lavorare. Finalmente all'una mi dicono che possono ricevermi e mi fanno entrare negli uffici veri e propri, dove vengo dimenticata su una sedia per un'altra mezz'ora. Si sente odore di cibo, saranno tutti impegnati a mangiare. Passo il mio tempo a guardarmi intorno e ad annotare mentalmente la situazione: scrivanie disordinate, vecchie sedie sparse per la stanza e un grosso sacco di posta lasciato sul pavimento, ancora non aperto. Due tipe bionde su tacchi vertiginosi chiacchierano dei rispettivi figli: sono due geni e le maestre non hanno mai visto nulla del genere in vita loro, ma non basta perchè ora dovranno studiare altre lingue straniere, almeno lo spagnolo e il cinese. Finalmente qualcuno si ricorda che sono ancora parcheggiata lì, mi si para davanti senza nemmeno presentarsi, mi guarda firmare la procura e mette un timbrino sul foglio. Quindici dollari e arrivederci. Tutto qui?!? Che delusione, pensavo che come minimo avessero dovuto fabbricare la propria carta dai papiri del giardino... Me ne vado infastidita, affamata e anche un pò invidiosa.

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