Games and the City

Vita a Los Angeles, videogiochi e tante altre cose che non c'entrano niente

30 dicembre 2008

Io ve lo dico adesso...


Io ve lo dico adesso, profeticamente e con un paio di mesi di anticipo, che Benjamin Button vincerà come minimo gli oscar per il trucco e per i costumi.
E forse anche quello per il miglior regista.
E magari Cate Blanchett, una delle mie attrici preferite, vincerà anche lei una statuetta.
Ma Brad Pitt no, perchè con un rivale come Sean Penn c'è poco da fare.
Se ci azzecco voglio almeno la soddisfazione di poter assumere un'aria spocchiosetta e di potervi dire "Ve l'avevo detto!", altrimenti quando mi ricapita?

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27 dicembre 2008

Un altro Natale in California

A San Francisco molti dei tram sono decorati a festa, pochi altri invece sembrano non credere nel Natale.

A Carmel un bellissimo agrifoglio cresce nel chiostro della Missione spagnola: è la sua occasione di prendersi una rivincita sugli altri undici mesi dell'anno, quando si sente terribilmente fuori posto.

A Disneyland si festeggia come si può, con una sfilata piena di principesse che non sanno cosa si perdono a non portare jeans e scarpe da ginnastica. Ma esisterà il Natale nel mondo di Cenerentola e Biancaneve?

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22 dicembre 2008

Il mestiere dei figli è il più difficile del mondo


Questo spaventoso silenzio (spaventoso almeno per me, che di solito scrivo con una certa regolarità) è dovuto alla visita più aspettata e temuta dell'anno: quella dei miei genitori in California. Mio padre non era mai stato prima negli Stati Uniti, mentre mia madre aveva fatto un giro della East Coast... nel 1975! Aspettative e dubbi erano tanti. Come si comporteranno? Apprezzeranno la città in cui vivo? Come sopravviveranno al cibo alieno? Sapranno andarsene in giro da soli pur senza parlare una parola di inglese? Ecco tutte le risposte...

Settimana 1: Lilly e Nick arrivano tutti allegri all'aeroporto. L'aereo è in ritardo e le valigie sono andate disperse a Charles de Gaulle, ma a loro non importa: sfideranno il jet lag! I primi giorni sono un turbine di preparazioni culinarie per Thanksgiving che frustrano la voglia di shopping di Lilly, ma quando la festa arriva tutto va liscio. Gli amici italiani con cui ci vediamo offrono chiacchiere e una partita a carte, mentre il padre di Sterling si limita a sorridere e a ripetere "Grazzi! Grazzi!" quando gli si passa un piatto. Il weekend successivo è turistico: la visita in Wine Country viene apprezzata da Nick anche se Lilly non beve un goccio, i leoni marini eseguono alla perfezione il loro solito show di puzza e rumore e dopo un pò di proteste Nick riesce a mangiare perfino un granchio (d'altronde siamo in stagione) e la famosa clam chowder in a bread bowl di San Francisco. Lilly scopre una passione per il pop-corn ricoperto di caramello che non la abbandonerà per il resto della vacanza. Nick comincia a guardare la TV senza l'audio, "tanto non capisco niente uguale". Io e Sterling ci guardiamo preoccupati e decidiamo che urge trovare un rimedio.
Livello di stress: 3. Per il momento andiamo bene.

Settimana 2: Io e Sterling scopriamo che Netflix è la migliore baby-sitter digitale che potessimo mai desiderare: piazziamo strategicamente Lilly e Nick davanti a un film italiano ogni sera e ci riduciamo a lavorare in camera da letto usando la TV piccola per recensire i giochi. Scopriamo anche che il nostro divano Ektorp ci manca immensamente. Per fortuna arriva il weekend lungo in California del Sud, tempo di mostrare a Nick e Lilly le bellezze paesaggistiche locali! Carmel riscuote un discreto successo ma il suo cibo no: Lilly non vuole assaggiare nemmeno una innocua zuppa di piselli perchè "non si sa mai le spezie che ci mettono", mentre Nick rifiuta ben dodici insalate dicendo che nessuna è come quella di casa. Il Big Sur si rivela troppo lungo per la loro pazienza, ma in compenso Disneyland e una colazione da IHOP vengono apprezzati immensamente. A Los Angeles Lilly vuole vedere le ville delle celebrità a Beverly Hills, mentre Sterling si vergogna a morte di portarcela. Segue dramma interiore di Sterling, ma ovviamente Lilly è l'ospite e vince sempre. A Santa Barbara incontriamo Alessia di Io speriamo che me la cavo, compagna di blog e di lunghissime telefonate con cui progettavamo di vederci da una vita. Io mi riprendo e Santa Barbara fa sentire Lilly e Nick "proprio come se fossimo in California. Quella dei film, però, non San Francisco."
Livello di stress: 7. Se c'è un motivo per cui io vivo in California e loro in Italia comincio a capirlo adesso...

Settimana 3: Devo lavorare, ho delle consegne urgenti e quindi non posso andare in giro con loro tutti i giorni. Nick e Lilly si decidono a esplorare da soli Chinatown, dove ovviamente non toccano cibo, e North Beach, dove riescono a trovare un immigrato originario di Scalea che conosce un cugino di secondo grado di mio padre che fa il vigile urbano e che una volta gli ha appioppato una multa. Com'è piccolo il mondo. Lilly diventa coraggiosa e assaggia un rotolino di sushi; Nick cerca di stare al passo ma finisce col pelare via meticolosamente tutta l'alga con coltello e forchetta prima di mangiare il riso. Lilly cerca di prendere il controllo di casa, in particolare della cucina, e di riarrangiarla come se fosse casa sua. Quando le dico di fermarsi si offende e mi fa una sceneggiata in puro stile napoletano, in cui Nick si rifiuta di recitare la parte di Mario Merola. Le sceneggiate si ripetono negli ultimi giorni della visita, sarà un segno che è arrivato il momento di tornare a casa? Per fortuna una corsa in tram su e giù per le colline di San Francisco e una delle celebri cupcake di Kara's Cupcakes fanno tornare momentaneamente il buonumore in famiglia. Nick assaggia per sbaglio una foglia di cilantro e giura di aver chiuso per sempre col cibo americano. L'ultimo giorno, dopo aver accompagnato Lilly e Nick all'aeroporto, io e Sterling torniamo a casa con l'unico desiderio di dormire. Non ci risvegliamo che due o tre giorni dopo, ma ci vorrà molto di più per riprenderci completamente.
Livello di stress: 9. Siamo quasi al limite, ma l'idea di tornare a essere soli ci mantiene in vita.

Morale della storia: Ho letto le esperienze di diversi italiani che hanno ricevuto la visita dei genitori in America e tutte sono decisamente positive. Ora le possibilità che mi vengono in mente sono due: o hanno tutti mentito spudoratamente, oppure sono io a essere un mostro. Non credo di essere un mostro, ma credo anche che questa enorme distanza geografica tra me e i miei genitori non sia del tutto casuale. Già prima di trasferirmi a San Francisco vivevo a Roma e tornavo a Salerno a trovarli una volta al mese o anche meno. La distanza ha sicuramente migliorato il mio rapporto con loro, ma anche così di strada da fare ce n'è. Per il momento me ne resto qui, lontana dalle dinamiche familiari che mi facevano perdere la testa fino a qualche anno fa, poi si vedrà...

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