Games and the City

Vita a Los Angeles, videogiochi e tante altre cose che non c'entrano niente

30 settembre 2009

La risposta è: Giappone (di nuovo!)

I pochi che hanno provato a indovinare non ci hanno preso. Quello della foto precedente non era un Buddha thailandese ma il Dai-Butsu, la statua di Buddha più grande del Giappone che si trova a Kamakura, un'ora a sud di Tokyo. E dove altro potevamo andare in questo periodo dell'anno? Il lavoro chiama, il Tokyo Game Show è sempre più attivo (anche se sempre meno pieno di novità) e tutte le scuse sono buone per abbuffarsi di cibo giapponese nella madrepatria. Questa volta gli impegni di lavoro erano minori e ho avuto la possibilità di incontrare amici sia e nuovi con cui mi sono divertita a esplorare posti che da turista non avrei probabilmente visto. Volevo aggiornare il blog quotidianamente da lì, ma la pessima connessione e un improvviso rallentamento del mio portatile (che sembra intenzionato ad abbandonarmi presto) non me lo hanno permesso. Ecco quindi un riassuntone completamente a casaccio.

Shibuya: Il quartiere dove eravamo quest'anno. Enorme, affollatissimo sia di giorno che di notte e pieno di negozi. Non poteva ovviamente mancare il campo di calcetto in cima a uno degli edifici della stazione.

Crepes giapponesi: Hanno subito una evoluzione parallela rispetto a quelle originali francesi e ora contengono un pò di tutto, dai pezzi di cheesecake alla frutta e al gelato. Sono buonissime!

Piccoli kimono: La bambina era fantastica nel suo kimono colorato, la mamma un pò meno nel suo abbigliamento occidentalissimo...

Kamakura: All'entrata di uno dei templi principali c'era uno stagno con le ninfee degno di un quadro impressionista.

Penelope e il caffè: Ogni anno una celebrità occidentale riesce a infiltrarsi in Giappone per pubblicizzare una marca a caso di caffè. L'anno scorso era il turno di Tommy Lee Jones, quest'anno invece toccava a Penelope Cruz.

Hama-Rikyu-Teien: Una volta era la residenza privata degli shogun, oggi è un parco pubblico non troppo affollato, da cui partono diverse linee di traghetti.

Okonomiyaki - prima fase: Gli ingredienti arrivano al tavolo in diverse ciotole, i clienti li mescolano e li cuociono sulla griglia personale. Ci sono vari tipi di okonomiyaki: questo era in stile Hiroshima, cioè con i noodles, ed era decisamente diverso da quelli che ogni tanto si trovano negli Stati Uniti.

Okonomiyaki - fase finale: Una volta cotto il "frittatone" ci si possono mettere sopra vari tipi di salse, per esempio un quintale di maionese.

Odaiba: Sull'isoletta di Odaiba (opportunamente costruita sulla spazzatura) prima torreggiava una statua colossale di Gundam. Ora che l'hanno tolta c'è rimasta solo questa replica della Statua della Libertà che mi ha onestamente lasciata un pò perplessa. Che vorrà mai dire?

Akihabara: Nel distretto elettronico per eccellenza i negozi di videogiochi e le sale giochi non mancano. Questa insegna non potevo non fotografarla, visto che ha un fantasma di Pac-Man con il cappello di Mario. Credevo fosse permanentemente incollato alla testa di Mario ormai da decenni...

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22 settembre 2009

Dove siamo?


Una pacca sulla spalla virtuale a chi indovina per primo. (E vabbè che è facile e che molti di voi lo sanno già...)

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16 settembre 2009

In realtà non me ne sono mai andata...


Ho ricevuto un paio di email preoccupate da parte di amici che abitano lontano e che non mi vedono su questo blog da un paio di mesi, perciò ho deciso di riprendere la tastiera per scrivere qualcosa... cosa esattamente non lo so nemmeno io. Se non aggiorno il blog da un pò di tempo non è perchè mi siano successe chissà quali disgrazie. Al contrario, se non scrivo è perchè non mi succede proprio nulla. La vita sedentaria e la mancanza di viaggi mi annoiano fino alla morte, ma è proprio quello che sta succedendo in questo periodo. Ovvio, ci siamo trasferiti da poco in una nuova città e stiamo ancora cercando di ambientarci e (soprattutto!) di comprare una macchina, cosa che renderebbe la nostra vita un pò più varia. Nell'attesa della svolta, però, facciamo vita di quartiere e di piscina. Non posso definirmi insoddisfatta, questo no, però mi manca la varietà di scenari e di umanità a cui San Francisco mi aveva abituata. Il nostro quartiere di Los Angeles è un pò troppo bianco e occidentale per i miei gusti, anche se fa quel che può per darsi una botta di varietà multiculturale (una sala da concerti coreana, un ristorante fusion indiano-messicano, un piccolo e carinissimo caffè giapponese all'angolo). In questa metropoli poco accessibile per un pedone ho perso anche i miei punti di riferimento quotidiani: non saprei proprio dove comprare cose banali come il lievito di birra, il guanciale per la carbonara o una ricotta che non abbia la consistenza dello Yocca. Lo so, ci vuole pazienza, ma io sono una persona notoriamente sprovvista di questa virtù. Di una cosa, però, posso dirmi completamente soddisfatta: gli italiani che ho conosciuto a L.A. danno decisamente una pista a quelli di San Francisco. Sarà che nella Bay Area erano quasi tutti un pò intellettualoidi e dotati di fenomenali borse di studio, quindi tutto sommato poco interessati all'amicizia con una giornalista freelance che scrive (orrore!) di videogiochi. Ora che anche Fabrizio si prepara a lasciare la Baia, mi sentirei veramente a corto di italiani interessanti da frequentare se vivessi ancora lì. Qui, invece, l'archetipo del ricercatore universitario viene sostituito da quello del cameriere aspirante attore. E' una categoria che non frequento, ma al di fuori di questo ambito ho conosciuto blogger e commentatori abituali con cui sono andata subito d'accordo. Ho visto disponibilità, gentilezza e voglia di frequentarsi senza che l'iniziativa partisse sempre da me, ho partecipato a conversazioni che si spingevano oltre la formalità delle solite domande come "Da quanto tempo vivi negli Stati Uniti? Come mai ti sei trasferita qui?". Ho visto la realtà quotidiana di persone che qui ci vivono e che stanno più o meno faticosamente cercando di costruirsi una vita, una carriera e una famiglia. Ho trovato supporto e voglia di aprirsi e mi sono sentita un pò più vicina a quella parte "buona" dell'Italia che un pò mi manca, soprattutto dopo aver dovuto saltare la classica visita annuale alla famiglia. Con queste basi credo che riuscirò a sopportare anche la temporanea mancanza di mezzi di trasporto propri (e su quelli pubblici prima o poi scriverò un post a parte, che ce n'è da raccontare!).

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