Games and the City

Vita a Los Angeles, videogiochi e tante altre cose che non c'entrano niente

24 febbraio 2009

A posteriori...


Non ho fatto (e non farò) nessun resoconto della notte degli Oscar, però una cosa a posteriori la volevo dire: ogni anno guardo la cerimonia e puntualmente mi stupisco di come facciano a far sembrare il Kodak Theatre così grande. In realtà è uno spazio piccolissimo, con un palco appena appena accettabile... magia delle telecamere? Tra l'altro il batterista seduto sulla destra nella mia foto è lo stesso musicista che si è esibito nella canzone vincente di Slumdog Millionaire durante la notte degli Oscar. Ritorno sul luogo del delitto!

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23 febbraio 2009

A Stinky Scent


Visto che sono ancora a casa a riprendermi dalle tribolazioni muscolari e visto che il post precedente ha generato qualche inaspettata polemica, ne approfitto per cambiare discorso e fare un pò di pubblicità a un lavoro che ho tradotto in inglese nel tempo libero per aiutare un'amica scrittrice e sceneggiatrice. A Stinky Scent è un racconto per bambini a cui vale la pena dare un'occhiata anche solo per le bellissime illustrazioni di Nicoletta, che nella vita lavora anche per DeAgostini. Dovrebbe essere il primo di una serie di racconti dedicati ai cinque sensi, ma gli altri quattro sono ancora nella testa della scrittrice Alba e verranno probabilmente partoriti solo se troveremo un editore :) Al momento sembra una circostanza piuttosto improbabile, ma io mi sono divertita un mondo con la traduzione!

P.S.: Il download è gratuito, quindi se volete potete divertirvi a scaricare il racconto e divulgarlo tra figli, amici e parenti. Commenti, recensioni e valutazioni sono sempre ben accetti!

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19 febbraio 2009

ER: c'è sempre una prima volta

Il mio rapporto con la sanità americana non è mai andato oltre i controlli di routine dall'oculista e dal dentista e più volte ho sentito di non aver sfruttato a dovere i soldi spesi dalla compagnia di Sterling per garantirci un'assicurazione sanitaria a prova di qualsiasi catastrofe. Evidentemente devo essermi lamentata così tanto che qualche entità superiore mi ha ascoltata e ha deciso di farmi provare il brivido di una notte all'ospedale. Non in un letto, sia ben chiaro, ma in una sala d'attesa in puro stile San Francisco (leggi: piena di gente strana e di senzatetto). Questi i fatti: martedì mattina vado dalla mia chiropratica per il solito controllo di routine dopo aver avvertito nel weekend dei dolorini alla base del collo. Esco dal suo studio fresca come una rosa, coi muscoli pronti allo scatto, e mi dirigo da Macy's per comprare il famoso cuscino TempurPedic che la dottoressa in questione mi ha consigliato. Per strada però prendo ettolitri di pioggia che si infilano insidiosi anche nella mia giacca Nike teoricamente a prova di uragano. Sarà la pioggia o una mossa sbagliata della chiropratica (io propenderei per la prima ipotesi), ma a partire dal pomeriggio il mio collo decide di andare in sciopero e di bloccarsi in un'unica posizione: sguardo dritto davanti a me, un pò abbassato, come un cantante rock scazzato. Una specie di Liam Gallagher dei poveri, insomma. Il compleanno del padre di Sterling si rivela una tortura, con me che mi giro come Robocop per parlare con i vari invitati, e la notte va anche peggio, praticamente non chiudo occhio. La mattina dopo sono un rottame, faccio gli impacchi di ghiaccio e di caldo come raccomandato dal medico ma all'ora di cena non reggo più: ho bisogno di una dose di qualsiasi cosa. Arriviamo in ospedale alle 9 di sera, aspettiamo pazientemente (Sterling) e mugolantemente (io) il nostro turno per quattro ore e mezzo e alla fine ricevo l'agognato premio: una flebo di morfina e una di valium, olè! Riesco perfino a dormicchiare sul lettino dell'ambulatorio e al momento di essere dimessa mi illumino di immenso: mi stanno prescrivendo dell'altro valium da prendere a casa, insieme a vicodin e a un ibuprofene tre volte più potente di quello da banco. Certo che gli ospedali americani non si risparmiano la robba bbona, eh! Arriviamo a casa quasi alle cinque di mattina, dormo alla grande per tutta la notte e poi, perchè no, anche per tutto il pomeriggio successivo. Dovrò compensare il sonno perduto, no? Ora sono tutta contenta, tra poco mi farò la mia dose serale e andrò di nuovo a dormire... come ho fatto a non capire prima che dormire è l'attività più gratificante per un essere umano? Certo, anche la spalla va meglio e posso perfino muovere il braccio, ma questi sono dettagli insignificanti al confronto. Messa così posso anche trascurare le otto ore passate in ospedale e il conto strabiliante che di sicuro mi arriverà a casa nei prossimi giorni. Per ora non ci penso, mi limito a dormire il sonno dei giusti.

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10 febbraio 2009

Cari tutti

Cara compagna di classe del liceo che non sento da una vita e che non ho mai fatto nessuno sforzo per rintracciare, complice anche il fatto che in cinque anni di lugubri mattinate scolastiche mi hai lanciato più di un'occhiata acida senza alcuna ragione apparente,
Caro ex la cui felice vita di coppia con me è finita oltre un decennio fa in termini non particolarmente amichevoli, complice anche una tua incursione tra gambe altrui,
Caro lettore adolescente e brufoloso delle riviste italiane per cui scrivo, che ami collezionare giornalisti di videogiochi come se collezionassi Pokemon,
Caro PR americano che ti comporti un pò come il suddetto lettore adolescente collezionando giornalisti di videogiochi ai tuoi fini lavorativi, ma alle cui email propagandistiche non ho mai risposto con una riga,
Cara amica della mamma, che cerchi di mantenerti giovane e alla moda seguendo le ultime applicazioni informatiche, ma che non ho mai avuto il piacere di conoscere di persona causa mia residenza all'estero,
Caro ex collega di mio marito, che hai sfruttato la tua posizione lavorativa solo per fare carriera fregando i tuoi amici e che in occasione di un evento stampa a Los Angeles hai messo in dubbio le mie capacità linguistiche e di scrittura per poi far finta di niente,
Cara ex ragazza dell'amico di mio marito, che ho visto giusto un paio di volte prima che lui ti mollasse, per giunta perennemente in condizioni di ebbrezza estrema (tu, non io),
Cari tutti, vi siete mai fermati un attimo a riflettere sul fatto che se non vi ho mai cercati su Facebook ci sarà pure un motivo? E allora perchè aggiungermi ai vostri contatti senza invito alcuno?

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09 febbraio 2009

Due anni dopo


Due anni fa eravamo così: belli, indiani (io) e un pò gangster (Sterling). Oggi abbiamo qualche chilo in più grazie alla buona cucina di entrambi, un appartamento più arredato e perfino due nuovi oggetti del desiderio. Lo spirito però è rimasto lo stesso, ci divertiamo come matti e non ci offendiamo se qualcuno ci definisce un pò nerd. Abbiamo piani per il futuro, piani per il presente, piani di riserva, piani telefonici e piani di volo. Saremo pure pianificatori, ma poi ci dimentichiamo le cose di tutti i giorni. Ridacchiamo delle situazioni serie e litighiamo su argomenti irripetibili. Forse presto cambieremo città e forse in futuro perfino continente, ma la cosa non ci spaventa: con un compagno di viaggio fidato è un piacere lanciarsi nell'avventura. Di una cosa sola però mi dispiace: di non aver mai conosciuto la madre di Sterling. Quando ci siamo sposati, due anni fa, abbiamo scelto la data del 9 febbraio proprio perchè era il decimo anniversario della sua morte e Sterling era finalmente pronto a trasformare un brutto ricordo in un giorno di celebrazione. Di lei ci restano foto stupende di quando faceva la modella, un paio di bambole fatte a mano e tante storie che Sterling ama raccontarmi. Questa sera brinderemo anche alla memoria di Sandra, che per inciso è il nome che daremo a nostra figlia. Tra tanti anni, quando finalmente saremo abbastanza adulti da decidere di avere figli.


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