Games and the City

Vita a Los Angeles, videogiochi e tante altre cose che non c'entrano niente

07 ottobre 2009

Storie romantiche dal mondo digitale


Capita a volte, in una domenica ventosa e poco movimentata, di decidere di fare un salto a IndieCade, una convention di sviluppatori indipendenti che promette di essere l'evento alternativo del weekend. Capita di scambiare due chiacchiere con personaggi più o meno noti dell'industria dei videogiochi e di essere invitati a un barbecue da una designer con cui il mio mentore mi aveva messa in contatto, ma che non avevo mai incontrato di persona. Capita, tra un hamburger e un portabella mushroom grigliato, di guardarsi intorno e di scoprire che si è circondati da sviluppatori provenienti da Giappone, Argentina, Austria e sì, anche dal lontano Iowa. Capita poi che il giapponese in questione sia uno dei designer più amati da me e Sterling, uno dei pochi che mette d'accordo i nostri gusti diametralmente opposti in fatto di videogiochi. Ed è a quel punto che succede una cosa inaspettata. Il designer, che chiameremo Keita (come d'altronde fanno tutti, visto che è il suo nome all'anagrafe), riconosce Sterling e gli corre incontro, poi vede me e quasi si commuove. La conoscenza risale a qualche mese fa, quando Sterling aveva incontrato Keita per un'intervista, ma quello che mi sfugge è ciò che si sono detti in quell'occasione. Scopro che Sterling gli ha spiattellato la toccante storia (verissima, tra l'altro) di come sia io che lui avessimo recensito un gioco di Keita ancor prima di incontrarci, di come io avessi per caso letto l'articolo di Sterling e avessi pensato che quel giornalista lontano e sconosciuto fosse proprio sulla mia lunghezza d'onda. Un filo sottile ma lunghissimo che, attraverso un oceano e un continente, ci vede oggi felicemente sposati. Ebbene, a Keita questa storia di come un suo gioco abbia contribuito a unire due persone è rimasta impressa per mesi, magari gli ha anche fatto riconsiderare il suo lavoro sotto una luce diversa. Ed è proprio questo che oggi mi ha colpita: come una forma di intrattenimento a detta di molti fredda e priva di un'anima possa nascondere così tanta umanità. Come ogni gioco che creiamo, che recensiamo, possa in qualche modo influenzare le vite di tanti, nel bene o nel male. Di questo cercherò di ricordarmi più spesso quando eseguirò un lavoro controvoglia, magari riguardando il sorriso autentico di quella foto con Keita.

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