Games and the City

Vita a Los Angeles, videogiochi e tante altre cose che non c'entrano niente

27 giugno 2007

Pride, not prejudice






L'anno scorso da turisti, quest'anno da residenti e sposati: in un caso o nell'altro, al Gay Pride di San Francisco ci si va sempre e comunque sostenendo la causa, pur senza essere direttamente coinvolti. Quest'anno con un motivo in più, visto che Matt, un vecchio amico di Sterling, è venuto a trovarci da New York portando in città sole, caldo e risse. Non che fossimo personalmente coinvolti, ma non ho mai visto in vita mia tanta gente darsele di santa ragione in un gay bar... una filippina molto più bassa di me è riuscita a tirare un calcio in faccia a un tipo alto quasi quanto Sterling e a rompergli in testa TRE bicchieri di vetro davanti alle nostre facce allibite! Un pò c'era da aspettarselo, visto che Castro nelle occasioni speciali si trasforma da pacifico quartiere gay a luogo di violenza piuttosto eterosessuale: ad Halloween ci sono stati 14 spari tra la folla... vabbè che a voler essere pignoli siamo geograficamente nel Far West, ma speravo che gli abitanti di San Francisco si guardassero dal prendere esempio dal loro presidente pistolero o dal loro governatore terminator. Risse a parte, la parata è stata molto più sottotono rispetto all'anno scorso: niente rodei e cowboy gay, meno carri, musica poco trascinante (almeno conoscessero Raffaella Carrà!) e un sindaco come sempre giovane e belloccio, ma quest'anno un pò provato dagli scandali che lo hanno accusato di adulterio e uso di cocaina. Quando tutto sembrava perso, ecco arrivare la rivelazione del 2007 che ha mandato la folla in delirio: la San Francisco Cheerleader Association ha buttato sul palco ragazze grasse, ex nerd e mancate reginette del ballo di fine anno, tutti insieme per uno spettacolo fatto di coreografie perfette e rivendicazioni sociali post-liceo. Mi vergogno ma devo ammetterlo: su quel palco avrei voluto esserci anch'io, per riscattare finalmente cinque sfigatissimi anni di liceo classico in cui tradurre Cicerone e Senofonte era più facile che rivolgere la parola ai miei urrendi compagni di classe coi brufoli.

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18 giugno 2007

La fiera dell'ovest



San Francisco ha i suoi italiani e una volta all'anno ci tiene a ricordarlo al resto della popolazione. Verso la metà di giugno, poco prima del Gay Pride, c'è la North Beach Fair, del tutto simile a una fiera di paese italiana tranne che per il liscio. Tra musica dal vivo e bancarelle di focacce ci ho trovato anche lo stand degli amici della colonia felina di Torre Argentina, proprio quella dove ho adottato Myu e Coniglio. Non solo, ma la signora a destra nella foto, Susan, ci ha lavorato per ben nove anni! La cosa migliore, però, è stata la benedizione degli animali nella chiesa di S. Francesco, col prete barbuto che faceva l'appello delle specie ("C'è qualche scoiattolo? Qualche tartaruga o rettile?"). A quanto pare ci siamo persi il meglio, perchè durante la benedizione del giorno prima qualcuno si è presentato con un'iguana enorme e l'anno scorso c'era perfino un cavallo. Ma dico, come si fa a portarsi dietro un cavallo in pieno centro di San Francisco? E soprattutto, chi l'ha pulito poi il pavimento della chiesa? Saltando di palo in frasca, giovedì scorso abbiamo finalmente avuto l'intervista per la Green Card. E qui cominciano i numeri: per loro tutto bene, il nostro matrimonio è validissimo (te credo, dopo essersi sorbiti la storia della nostra vita e tutto l'album di nozze, du' palle...), però non ci possono dare la Green Card perchè l'FBI non ha completato i controlli incrociati sulle mie presunte attività terroristiche internazionali. Il che vuol dire che dobbiamo aspettare ancora un pò e non sappiamo nemmeno se possiamo venire in Italia alla fine di agosto come previsto. Dopo aver speso 1200 dollari di versamenti stavo per saltare sulla scrivania di Mr Fong e strangolarlo, ma mi sono trattenuta perchè ho sospettato che questo avrebbe ulteriormente ritardato l'arrivo della Green Card...

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04 giugno 2007

La Contea


La chiesa del cimitero monumentale di San Josè è in realtà una casa degli hobbit.

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03 giugno 2007

Anvedi come dribbla Dempsey


Quello nella foto non è il torneo amichevole della parrocchia e nemmeno l'accesissimo derby locale Nocerina-Cavese. E' in realtà U.S.A.-Cina, partita della nazionale che siamo andati a vedere a San Josè, nel bel mezzo della Silicon Valley, vale a dire un'ora a sud di San Francisco. La foto da sola basterebbe a far capire quanto l'America si fili questo sport, ma un paio di altri dettagli sono d'obbligo. Tanto per cominciare, una cosa mi ha lasciata basita: l'abbondanza indecente di parcheggio. Ma dico: è una partita di nazionale, no? La gente dovrebbe buttare la macchina sul vialetto della prima casa che si trova davanti e invece ci sono enormi parcheggi vuoti e perfino un servizio di navetta dalle macchine allo stadio. Stadio, per inciso, nel quale di solito si gioca a football, quindi imparentato agli stadi di calcio italiani più o meno come io sono imparentata a Vin Diesel. Magari sarà stato l'effetto ottico, ma il campo sembrava piccolissimo e il feeling generale era quello da allegra domenica estiva nel paesello sorridente in cui tutti conoscono tutti. Buonismo dilagante, niente tifoseria hardcore e soprattutto niente misure di sicurezza, a parte un vago controllo delle borse all'entrata. Praticamente chiunque avrebbe potuto scavalcare le transenne (ridicole) e prendere a pugni l'arbitro, che tra parentesi se lo meritava. Per quanto riguarda l'aspetto tecnico della partita, caliamo un velo pietoso: dal primo al novantesimo minuto mi sono chiesta come cazzo abbiamo fatto a pareggiare ai mondiali contro una squadra che sembrava il Pizzighettone e che pure è riuscita a vincere contro i cinesi per 4-1. Vabbè che hanno lasciato a casa molti dei titolari per far giocare le nuove leve, ma dopo questa partita ho una certezza in più: a questo punto pure la Salernitana può trovare il suo posto nel mondo.

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